Fastidiosi parassiti
Con l’arrivo della bella stagione e il conseguente
aumento della temperatura ambientale, le zecche si
risvegliano dal sonno invernale e riprendono la loro attività
parassitaria sugli animali domestici.
Le zecche, pur vivendo generalmente nelle aree verdi
(quali per esempio giardini, prati, campi, pascoli, boschi e
così via), vengono altresì trasportate dagli animali cosiddetti
spazzini (come colombi, gabbiani, topi e ratti), che sono per
questo oggigiorno responsabili della loro diffusione
ambientale: non è dunque infrequente ritrovarle in luoghi
inusuali, come per esempio il terrazzo di casa o il davanzale
delle finestre.
Nell’ambito degli animali familiari sono soprattutto i
cani a essere interessati da questo problema, anche perché –
più frequentemente di altri – hanno occasione di uscire
all’aperto e di venire, di conseguenza, facilmente in contatto
con i parassiti.
Il rischio maggiore di essere attaccati dalle zecche
riguarda principalmente, ma non solo, i cani da caccia, da
guardia e da pastore, così come quelli che trascorrono
all’aperto gran parte della loro giornata o che sono soliti
recarsi a compiere passeggiate o a giocare nel verde insieme
al proprietario.
Le zecche sono piccoli parassiti appartenenti alla classe
zoologica degli Aracnidi: sono quindi imparentate con i
ragni.
Delle dimensioni approssimative di una lenticchia,
possiedono corpo di colore grigio o marrone (talvolta molto
scuro, quasi tendente al nero) e necessitano, per soddisfare
le loro esigenze vitali, di un animale da parassitare.
Una volta che hanno individuato la loro vittima, salgono
sul suo corpo o si lasciano cadere su di esso, per poi infilare
la loro testa – grazie a una sorta di rostro boccale del quale
sono munite – nel corpo dell’ospite e succhiarne il sangue.
La respirazione avviene obbligatoriamente tramite una
serie di pori esterni, che si continuano con dei canalicoli,
attraverso i quali avviene l’introduzione dell’aria
nell’organismo.
Problemi provocati dalle zecche
La principale attività parassitaria delle zecche è la
cosiddetta azione spolatrice: sebbene la sottrazione di
sangue possa talvolta essere relativamente ingente (una
zecca adulta è in grado di succhiarne fino a 2 ml al giorno),
difficilmente il cane ne risentirà, specie se si tratta di un
adulto in buona salute. Può però capitare occasionalmente
(soprattutto in caso di infestazione massiccia, magari su
soggetti di piccola taglia in già cattive condizioni di salute)
che l’animale vada incontro a forme di anemia, perdita di
peso e deperimento organico.
La presenza della zecche sul corpo del cane, in secondo
luogo, può determinare alterazioni dermatologiche più o
meno importanti. Il prurito è generalmente assente, ma
talvolta la parte corporea interessata può andare incontro a
infezione batteriche secondarie, che inducono il cane a
grattarsi, con conseguenti infiammazioni, croste, ferite e
così via.
Raramente, poi, può capitare che nella saliva della zecca
sia contenuta una tossina che, inoculata nell’organismo
dell’animale al momento del pasto di sangue, comporti una
serie di sintomi di tipo neurologico, il più importante dei
quali è una forma di paralisi progressiva e inarrestabile, che
comincia in genere a carico degli arti posteriori e che può
sfociare nel decesso in caso di interessamento dell’apparato
respiratorio. Fortunatamente, però, questo problema –
segnalato principalmente nel continente americano – è stato
raramente descritto in Europa.
L’aspetto più importante e per certi versi più grave di
un’infestazione da zecche nel cane, però, è il potenziale
rischio di trasmissione di talune infezioni di non trascurabile
entità. Gli agenti patogeni, presenti nell’organismo del
parassita, vengono inoculati nell’organismo canino nel
corso dell’attività spoliatrice esercitata della zecca.
Non bisogna, infine, trascurare il fatto che le zecche
possono parassitare anche la nostra specie. La convivenza
con un cane, pertanto, aumenta tale rischio, che contempla
anche l’eventualità della diffusione di microrganismi
infettanti – come spesso si ha occasione di apprendere dai
mass-media nel corso della stagione estiva – all’uomo.
La babesiosi
Meglio conosciuta con il nome di piroplasmosi, la
babesiosi è la più nota infezione protozoaria che può essere
trasmessa al cane dalle zecche.
L’agente infettante, la Babesia canis, è un minuscolo
parassita del sangue (costituito da una sola cellula vivente)
che, una volta introdotto nell’organismo animale, causa la
distruzione dei globuli rossi e l’inevitabile comparsa di una
serie di sintomi caratteristici.
Nella forma iperacuta si può assistere al decesso
improvviso e apparentemente ingiustificato dell’animale.
Fortunatamente, però, questa eventualità non è frequente.
La forma acuta, decisamente più comune, esordisce di
solito con un netto rialzo febbrile (la temperatura rettale del
cane, che normalmente è compresa tra 38 e 39 gradi
centigradi, può anche superare il valore di 41°), che
comporta marcato abbattimento del sensorio e mancanza
assoluta di appetito. Il sintomo peculiare, che compare nel
giro di 24-48 ore, è il cambiamento di colore dell’urina, che
assume una tonalità inizialmente arancione, per poi
diventare simile al caffè o alla coca-cola. L’aumento della
sete, il vomito, la diarrea e i dolori articolari, altrettanto
frequentemente segnalati, sono l’espressione di un
coinvolgimento generale.
La forma cronica, non particolarmente frequente, causa
una serie di sintomi poco specifici (febbre intermittente,
anemia, difficoltà deambulatorie), ma duraturi nel tempo.
Contro la babesiosi occorre effettuare prima possibile
uno specifico trattamento con un preparato per uso
ambulatoriale in dotazione del medico veterinario.
Da segnalare, però, anche la disponibilità di un vaccino,
da effettuare nei soggetti che si trovano spesso a
soggiornare in ambienti infestati da zecche.
L’ehrlichiosi
Chiamata anche rickettsiosi o pancitopenia tropicale,
l’ehrlichiosi canina è un’infezione che negli ultimi anni ha
fatto registrare un netto aumento di incidenza nel nostro
Paese.
Causata da un microrganismo – l’Ehrlichia canis – che
ha caratteristiche comuni sia ai virus che ai batteri (si tratta,
per la precisione, di una Rickettsia), viene trasmessa agli
animali dalle zecche portatrici.
Nella forma acuta il cane colpito può presentare
ipertermia, associata a depressione e mancanza di appetito.
L’aspetto più rilevante, però, è lo sviluppo di emorragie
(che compaiono in seguito ad alterazioni della coagulazione
del sangue) localizzate in diversi distretti dell’organismo.
Estremamente tipica, per esempio, è l’epistassi, cioè la
perdita di sangue dalle narici. Può tuttavia capitare di
osservare sangue nell’urina, piccole emorragie nelle mucose
(su cui sono rilevabili delle chiazze rossastre) oppure ancora
vomito striato di sangue.
La forma cronica, decisamente più subdola, può
presentare caratteristiche poco chiare e non sempre costanti.
Il cane può apparire apatico, svogliato e con meno appetito
del normale. Frequente la zoppicatura, in seguito al
coinvolgimento di una o più articolazioni, che appaiono
anche dolenti alla palpazione. Altrettanto comune è
l’esibizione di sintomi neurologici, prime tra tutti le
convulsioni, spesso erroneamente interpretate come crisi
epilettiche. Anche i disturbi gastrointestinali (vomito,
diarrea, nausea) sono relativamente comuni in corso di
ehrlichiosi cronica, così come il dimagramento e la
debolezza generalizzata.
La cura dell’ehrlichiosi dovrebbe essere instaurata
quanto prima e si basa sull’impiego di un gruppo di
antibiotici nei confronti dei quali l’Ehrlichia canis è
sensibile e/o del medesimo farmaco per uso ambulatoriale
(da ripetere, in questo caso, a distanza di un paio di
settimane dalla prima inoculazione) citato a proposito della
babesiosi.
La borreliosi
Più comunemente nota con il nome di malattia di Lyme
o – così come la chiamano gli americani – di Lyme disease,
la borreliosi è sostenuta dalla Borrelia burgdorferi, un
batterio che può colpire sia la specie canina che quella
umana.
Pur trattandosi di una zoonosi (vengono definite con
questo appellativo le malattie trasmissibili dagli animali
all’uomo e viceversa), in realtà il contagio avviene quasi
sempre a opera delle zecche e raramente dal cane all’uomo
per via diretta.
I sintomi iniziali, nel cane, sono la febbre, la debolezza
e la mancanza di appetito, cui può essere associato aumento
di volume dei linfonodi esplorabili.
Successivamente compaiono dolori muscolari e
articolari, che spesso inducono l’animale a zoppicare o a
rimanere immobile.
Più di rado sono stati segnalati interessamenti a carico
del cuore, dei reni e del sistema nervoso.
Le femmine gravide possono abortire.
Nell’uomo i segni clinici, sovrapponibili a quelli del
cane, possono essere inizialmente confusi con la
sintomatologia dell’influenza: a febbre, malessere
generalizzato, cefalea e dolori diffusi, si può in un secondo
tempo aggiungere una forma di poliartrite piuttosto
importante.
Contro la Borrelia burgdorferi risultano efficaci alcuni
antibiotici, che è necessario somministrare immediatamente
al cane, su prescrizione del medico veterinario, per risolvere
il problema.
In Italia è anche disponibile un vaccino, da praticare
eventualmente ai cani che vivono nelle aree in cui il rischio
di contrarre l’infezione risulta maggiore rispetto ad altre.
Altre malattie trasmesse dalle zecche
Oltre a babesiosi, ehrlichiosi e borreliosi, le zecche
possono trasmettere al cane anche altre malattie meno
frequenti e importanti.
L’emobartonellosi (il cui agente patogeno è la rickettsia
Haemobartonella canis) è una malattia non molto comune
nel cane, che spesso passa inosservata, pur potendo causare
forme anemiche con coinvolgimento del fegato.
Anche l’epatozoonosi (causata dal protozoo Hepatozoon
canis) è una patologia associata all’infestazione da zecche,
fortunatamente piuttosto rara nel cane. La sintomatologia è
spesso silente, pur potendo manifestarsi con febbre,
inappetenza, diarrea e alterazioni neurologiche.
Il Dipetalonema reconditum e il Dipetalonema grassi
sono due piccoli nematodi (la cui lunghezza massima è di
25 millimetri) trasmissibili da parte delle zecche, che si
stabiliscono nel tessuto sottocutaneo e più raramente nella
muscolatura dei cani. La loro presenza causa la
manifestazione di noduli, che possono provocare sintomi di
tipo dermatologico.
La trasmissione di virus encefalici non determina nel
cane problemi evidenti, salvo una breve e transitoria fase
viremica. Il problema principale, in tal caso, è la diffusione
all’uomo – da parte delle zecche che soggiornano
sull’animale – di talune forme di encefalite.
Cura e prevenzione delle zecche
La prevenzione delle malattie trasmesse dalle zecche si
basa, ovviamente, sul controllo diretto dei parassiti, che
vanno tassativamente rimossi dal corpo del cane al
momento del loro ritrovamento.
Non è difficile rendersi conto della presenza delle
zecche sull’animale: è sufficiente accarezzarlo su tutta la
superficie corporea per avvertire, al tatto, una o più
rilevature sospette, da controllare poi con maggiore
accuratezza.
Tale operazione dovrebbe essere effettuata, nelle
stagioni primaverile ed estiva, quotidianamente, specie se
nel corso della giornata il cane ha trascorso del tempo in
aree verdi.
È importante prestare particolare attenzione a quelle
zone cui normalmente si dedica meno tempo: gli spazi
interdigitali, la faccia interna dei padiglioni auricolari, il
piatto delle cosce e così via.
Prima di provvedere alla loro estrazione, le zecche
vanno cosparse abbondantemente di olio, al fine di riempire
i porti attraverso i quali respirano: dopo alcuni minuti,
necessari per permettere ai parassiti di cominciare a estrarre
la testa dal corpo del cane, si deve procedere, con
delicatezza, alla rimozione, che deve risultare estremamente
naturale, senza forzare o strattonare.
Un movimento troppo brusco in tal senso può causare
l’incompleto distacco della zecca, con il rischio che alcune
parti della testa, rimaste nello spessore della cute
dell’animale, favoriscano l’insorgenza di un’area nodulare
infiammata.
Dal punto di vista della prevenzione vera e propria,
infine, ci si può affidare a un’ampia gamma di prodotti
specifici per uso canino, da impiegare preferibilmente dietro
consiglio del medico veterinario di fiducia: collari,
soluzioni, spot-on e simili conferiscono una buona garanzia
anti-zecche, anche se è sempre e comunque consigliabile un
attento controllo quotidiano, al fine di scoprire parassiti
eventualmente sfuggiti all’azione farmacologica dei
preparati in questione.