Dal diario di un Galgo

Senza nome

Ottobre di un anno qualunque

Il cuore mi batte forte, sono nato da 1 anno e l’odore rassicurante della mia mamma, l’unica cosa bella nella mia vita, non lo ricordo più.

Sono legato ad una moto con una corda ruvida che mi segna il collo, il mio galguero urla, accende il motore e si parte.

Anche oggi devo fare del mio meglio per correre più veloce degli altri miei fratelli e sorelle, perchè ho capito che se qualcuno di noi resta indietro, nessuno si fermerà a raccoglierlo, resterà appeso fino alla fine dell’allenamento (così chiama questa cosa spaventosa il mio padrone). Io non capisco, so solo che i piedi mi fanno male, il cuore sembra scoppiarmi e fatico a respirare, ma corro e non mi fermo, non posso, non devo…

Quando il padrone pensa sia sufficiente finalmente ci si ferma. qualcuno di noi non ce l’ha fatta io non guardo, ma sento e percepisco ugualmente l’odore della morte e della paura. Devo recuperare il più in fretta possibile il fiato, qualche mio fratello di fianco a me è terrorizzato, non sa che fare e rimane immobile cercando di capire cosa sta urlando il padrone. Meglio non reagire o saranno botte, di quelle che ti spezzano le ossa e non dimentichi più.

Novembre di un anno qualunque

Alla notte quando siamo tutti chiusi in quel bunker freddo e buio che è la nostra casa, cerchiamo di farci coraggio stando vicini e provando a scaldarci l’un l’altro, ma a volte litighiamo per conquistarci un tozzo di pane secco. Non ce n’è mai abbastanza per tutti, e allora la fame ci fa diventare aggressivi anche verso i nostri fratelli e sorelle.

Dicembre di un anno qualunque

I giorni per me sono tutti uguali, fatti di fame, freddo, urla del galguero, corse estenuanti, conigli e lepri da rincorrere e catturare, sapore di sangue, odore di paura e buio.

Gennaio di un anno qualunque

Passano le settimane e io sono stanco, sempre più stanco e affamato ma mi faccio coraggio perchè ho visto uno di noi prendersi una pacca quasi amichevole dal galguero, e ho capito che quel fratello è bravo, molto bravo e veloce a prendere le lepri. Il suo padrone sfoggia le prede come trofei di fronte agli altri cacciatori. Ho pensato che quel galgo è fortunato davvero, lo vedo spesso a fianco del suo galguero, e sono sicuro che lui ha una vita migliore della mia. Così provo ad imitarlo, a fare del mio meglio sempre, e cercare di prendere le lepri e i conigli prima degli altri, voglio anche io una vita migliore e vedere il mio padrone vantarsi di me.

Febbraio di un anno qualunque

Oggi tornando dall’ultima battuta di caccia dell’anno, sono rimasto impietrito, lungo la strada appeso ad un albero ho visto quel galgo così bravo da prendersi persino un buffetto dal suo padrone…. era lì, immobile, non assomigliava nemmeno più ad un cane, penzolava esanime come uno straccio. Sono rimasto sconvolto. Accanto a lui, appesi ad altri rami ho visto tanti miei fratelli e l’orrore e il tanfo della morte mi hanno spezzato il cuore. Non capisco, io credevo che…. io speravo che…..

Marzo di un anno qualunque

sono 20 giorni da quando il padrone mi ha portato lontano da casa e mi ha lasciato in mezzo al nulla in un posto che non conosco, ma a me ormai non importa, ormai non ho più voglia nemmeno di provare a cercare qualche rifiuto da mangiare o una pozzanghera per bere. Non ho più forze, e finalmente ho capito. Ho capito che per noi galgos non c’è speranza, non c’è futuro nemmeno se siamo i più veloci e i più bravi cacciatori. Ora mi raggomitolo qui, in questo buco scavato nel terreno, mi faccio piccolo e aspetto che arrivi la fine…………..

Sento delle voci sommesse…non riesco nemmeno a sollevare la testa e guardare, fiuto l’odore degli umani ma non ho più forze neppure per pensare a scappare… che il mio destino si compia….

Non capisco…. una mano mi tocca piano la spalla, ora la testa…. le parole che odo non le conosco ma hanno un suono dolce e pacato che non ho mai sentito…. apro gli occhi: ci sono due umani una donna e un uomo, continuano a parlarmi lentamente e dolcemente, lei dice “hola, mi vida… ahora tu estas a salvo” non capisco queste parole, ma mi danno calore al cuore e mi lascio andare tra quelle braccia che non so perchè, ma mi riportano alla mente quando da cucciolo mi accovacciavo accanto alla mia mamma. Sono morto? Sto sognando?

No, sono vivo! E tra queste braccia che mi sollevano piano, sento che forse una speranza ancora esiste, forse non tutti gli umani pensano che noi galgos siamo solo oggetti da usare e buttare quando non servono più. E’ con questa nuova speranza che mi lascio andare tra le braccia della donna e sogno di correre felice e amato insieme a tutti i miei fratelli e sorelle.

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