Nel XXI secolo la parola “tradizione” non può essere ancora sinonimo di rituale. Non può essere confusa con il termine esorcizzare. Quando la tradizione va di pari passo con la crudeltà è solo e soltanto immagine di inciviltà. In Spagna, purtroppo, sono ancora troppe le “tradizioni” che hanno come momento culmine del festeggiamento un’inaudita violenza a una creatura vivente. Troppe le occasioni in cui, in nome della propria “tradizione”, si commettono barbarie inaudite e prive di ogni significato. Il Governo spagnolo è ancora lontano dal prendere posizione nei confronti di tali violenze, addirittura spesso sovvenziona molti di questi eventi come prezioso patrimonio “culturale”. Per fortuna non tutta la Spagna è così, per fortuna possiamo contare sull’operato di associazioni e volontari che quotidianamente si battono affinché tutto ciò diventi illegale e sia perseguito dalla legge.
Non si tratta solo dei Galgos impiccati dopo la stagione di caccia perché ormai inutili. Parliamo dei tori della corrida, del Toro de la Vega inseguito da uomini armati di lancia a Tordesillas, della capra gettata dal campanile a Manganeses de la Polvorosa, dell’asino trascinato per le strade di Villanueva de la Vera e sottoposto ad ogni tipo di violenza, dei cavalli in Galizia a cui vengono tagliate criniere e code dopo averli inseguiti e fatti ammassare terrorizzati. Ricordiamo poi le oche a Lekeitio, che appese ad una fune attendono che sia loro strappata le testa. Concludiamo con il “Toro de Fuego” di Medinaceli: mentre il toro è legato a un palo, incapace di muoversi, grandi palle di catrame e pece vengono attaccate alle sue corna e incendiate provocando ustioni alle corna, al viso e agli occhi. Questo è il senso della parola “tradizione”?
Per approfondimenti
https://globalanimalwelfare.org/top-10-animal-cruelty-traditions-in-spain/